La scelta del materiale ottimale per
realizzare un battocchio implica valutare come questo si adatti alla funzione da
svolgere, alla poca mobilità, alla corrosione dovuta alla manipolazione ed alle
intemperie, alla possibilità di realizzare un decoro che faciliti la presa o
mimetizzi parti funzionali. Quindi nella scelta del materiale esiste una
priorità legata alle necessità di realizzazione del manufatto e poi subentra l’analisi
di altri aspetti, come la facilità di approvvigionamento, la continuità con la
tradizione locale, la disponibilità delle competenze necessarie per la realizzazione, i costi, ecc.
Bronzo, ferro, rame, ghisa, acciaio,
ottone, molti sono stati i materiali utilizzati per realizzare battocchi nel
corso della storia, con variabilità e sfumature diverse del loro livello di
apprezzamento nel corso del tempo.
Il ferro, in particolare, è quello che ha
dato risultati di realizzazione piu` spettacolari, creando degli oggetti che
oggi sono manufatti da collezione.
Fonte:Battocchi di Bergamo |
Per gli interessati, riporto qui un approfondimento da me svolto riguardo la storia e le lavorazioni del ferro:
La capacità di estrazione dal minerale e di
successive trasformazioni risale al 2000 - 1500 a.C. nel Caucaso
meridionale, area abitata da Calibei e Hittiti. Per concezione, la loro tecnica
di produzione rimarrà insuperata fino alla rivoluzione industriale. La tecnica
utilizzava cavità nel terreno dove veniva riscaldato il minerale con del
carbone di legna, ottenendo un impasto che poi veniva battuto a lungo per
liberarlo dalle impurità, fino ad ottenere il metallo utilizzabile.
La produzione poi si diffonde ad Oriente,
in Mesopotamia, Persia, India che ne affinano la tecniche, mentre ad Occidente
l’apprendimento è piu` lento ed articolato. Il mondo greco-latino era
saldamente legato all’uso del bronzo.
L’uso del ferro nell’antichità è rivolto
soprattutto alla realizzazione di armi e gli Hittiti consideravano per questo
il ferro piu’ prezioso dell’oro. I romani avevano tecniche piu’ arretrate nella
lavorazione del ferro e quindi lo importavano dall’India (si trattava in realtà
di un acciaio serico, fuso al crogiolo). Sono passati diversi secoli prima che
l’uso del ferro si sia esteso anche ad oggetti di uso piu’ comune.
Nell’arte statuaria Plinio indica alcune
eccezioni, ad es. l’uso del ferro con del rame per dare sfumature rossicce alla
statua di bronzo di Atamante a Rodi, realizzata da Aristonida o con funzione
simbolica (materiale tenace come Ercole nel sopportare le sue fatiche). Proprio
partendo da Plinio, con il suo Historia naturalis, che propone una
classificazione delle arti, è possibile definire la storia del materiale.
La crescita decisiva nell’uso del ferro si
ha in seguito, grazie alle popolazioni celtiche e barbare. In particolare, la
siderurgia si evolve dall’ epoca Medioevale, con l’evoluzione dei forni che permettono di
raggiungere le temperature piu’ alte necessarie per la fusione del ferro.
Nel mondo della lavorazione del ferro
esistono quindi due tappe importanti, due rivoluzioni nella metodologia di
produzione:
1) quella della sua affermazione nell’Alto
Medioevo, rispetto al mondo greco-romano per forme e applicazioni;
2) quella dove i processi di produzione
diventano industriali, all’inizio del XIX secolo.
In Occidente, gli
oggetti prodotti tra il ’400 ed il ’700, sono realizzati con la tecnica della
forgiatura. Per tradizione, si distinguono il Norico (regione tra Stiria e
Carinzia austriache), quasi tutte le regioni francesi e quelle pirenaiche, Germania,
Ungheria, Svezia, l’Italia con le miniere dell'Elba, Volterra, Pozzuoli e poi con Milano e Brescia. Lo sviluppo dipende ovviamente anche dalla ricchezza
di miniere e legname nel territorio.
Tra il ’300 ed il ’500, Italia e Spagna
esprimono un elevato livello di qualità. Dal ’500 il primato passa a Germania e
Francia.
Il ferro con cui sono realizzati i
battocchi ed altri serramenti, non fa parte di una produzione standardizzata,
ma arriva in alcuni casi ad una lavorazione al limite dell’impossibile per la
tecnologia dell’epoca, raffinata e legata all’abilità artigianale del fabbro ed
ai virtuosismi di cui è capace.
L’attività del fabbro è stata spesso
associata all’alchimia ed anche alla magia; se ne ha traccia già nell’Odissea
di Omero (Canto IX, vv. 342 sgg.). Ma è la Francia ad essere tra i primi stati
in Europa ad avere un sistema corporativo ed i fabbri appartengono alla
categoria dei serruriers, realizzatori di manufatti in ferro piu’
complessi ed eleganti: serrature, battocchi, chiavi, ecc.. Nel 1650, Luigi XIV
proclama la serrurerie come quarta arte liberale dopo pittura, scultura
e musica. In parallelo si sviluppa anche un’attività editoriale sull’argomento
con la scrittura di diversi trattati.
Fonte: Diderot e d'Alembert, Enclyclopedie...,1753, pl. XXXVIII, Serrurerie. |
Il fabbro utilizza una forgia, l’incudine, i
martelli, le tenaglie e piccoli attrezzi di supporto. Deve eseguire operazioni
a caldo (servono per modellare e deformare il ferro) e a freddo (operazioni di
finitura, con applicazioni di tecniche di decorazione, incisione ed
eventualmente di asportazione di materiale). Nel periodo antico, nel Medioevo e nel ’400
prevalgono le tecniche a caldo con acciaiatura, tempera e rinvenimento. La
saldatura a caldo avviene con bollitura o brasatura. Dopo il ’500 prevalgono le
tecniche a freddo. Tra queste ultime si applica in occidente anche la tecnica
dell’agemina (inserimento di sottili strisce di oro o argento nei solchi
prodotti nel ferro con il bulino, che poi vengono martellate) mentre in oriente è
in uso anche la damaschinatura (applicazione di un reticolo che viene riempito
con fili d’oro o di argento e che poi vengono martellati per amalgamarli al
ferro). Esclusiva francese delle tecniche a freddo è la prise dans la masse
(scultura dal massello). Venivano applicate anche tecniche opportune per
intervenire sul colore.
Nel ‘700 progredisce il procedimento di
estrazione, produzione e lavorazione del ferro. Si comprende meglio la chimica
dei processi con l’introduzione del forno di puddellaggio, dove si rimescola
la ghisa fusa prodotta nell’altoforno
per liberarla dal carbonio ed ottenere ferro. Inoltre si comprendono meglio le leghe
ferro-carbonio, la ghisa e l’acciaio.
In particolare, nel periodo da metà XVIII
ai primi decenni del secolo successivo, la Gran Bretagna diventa un laboratorio
di nuove realizzazioni e di sperimentazioni ed il primo ponte in ferro (ghisa)
fu costruito nel 1777 sul Severn, su progetto di J. Wilkinson e T.F. Pritchard.
Il grande cambiamento nella produzione
avviene dopo l’esposizione di Londra del 1851 che apre alla realizzazione di
ferrovie, ponti, mezzi di trasporto, grattacieli e fa diventare il ferro vero e
proprio elemento di costruzione.
F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le strutture del quotidiano (secoli XV-XVIII), 2006, Piccola Biblioteca Einaudi, pp. 548.
Nota:
Il termine ferro andrebbe riferito all’elemento puro Fe. In realta` nei
processi di estrazione del ferro dal minerale si utilizza il carbonio, che non
e` mai completamente eliminabile. Quindi in base alla percentuale di carbonio residua
si ottiene ghisa o acciai di natura diversa. Per approfondimenti riferirsi alla Sitografia e Bibliografia di seguito.
Bibliografia: F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le strutture del quotidiano (secoli XV-XVIII), 2006, Piccola Biblioteca Einaudi, pp. 548.
F. Klemm, Storia della tecnica, trad. it. 1959,
Milano: Feltrinelli, pp. 446.
V. Fagone, Arte e tecnica del ferro battuto,1978, in Stella et al., “Artigianato lombardo. L’opera metallurgica”, Milano: Cariplo, pp. 137.
Ferro Civile, a cura di A. Cesati, F. Cesati, J. Lorenzelli e A. Veca, 1991, Galleria Lorenzelli, Bergamo: Amilcare Pizzi Editore, pp. 242.
H. R. d’Allemagne, Musée Le Secq des Tournelles a Rouen: Ferronerie ancienne, Parigi, 1924, pp. 206. Link: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k6316487c.texteImage
V. Fagone, Arte e tecnica del ferro battuto,1978, in Stella et al., “Artigianato lombardo. L’opera metallurgica”, Milano: Cariplo, pp. 137.
Ferro Civile, a cura di A. Cesati, F. Cesati, J. Lorenzelli e A. Veca, 1991, Galleria Lorenzelli, Bergamo: Amilcare Pizzi Editore, pp. 242.
H. R. d’Allemagne, Musée Le Secq des Tournelles a Rouen: Ferronerie ancienne, Parigi, 1924, pp. 206. Link: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k6316487c.texteImage
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