lunedì 11 novembre 2019

#12 I MATERIALI DELLA COSA


La scelta del materiale ottimale per realizzare un battocchio implica valutare come questo si adatti alla funzione da svolgere, alla poca mobilità, alla corrosione dovuta alla manipolazione ed alle intemperie, alla possibilità di realizzare un decoro che faciliti la presa o mimetizzi parti funzionali. Quindi nella scelta del materiale esiste una priorità legata alle necessità di realizzazione del manufatto e poi subentra l’analisi di altri aspetti, come la facilità di approvvigionamento, la continuità con la tradizione locale, la disponibilità delle competenze necessarie per la  realizzazione, i costi, ecc.

Bronzo, ferro, rame, ghisa, acciaio, ottone, molti sono stati i materiali utilizzati per realizzare battocchi nel corso della storia, con variabilità e sfumature diverse del loro livello di apprezzamento nel corso del tempo.
Il ferro, in particolare, è quello che ha dato risultati di realizzazione piu` spettacolari, creando degli oggetti che oggi sono manufatti da collezione.  

Fonte:Battocchi di Bergamo


Per gli interessati, riporto qui un approfondimento da me svolto riguardo la storia e le lavorazioni del ferro:

La capacità di estrazione dal minerale e di successive trasformazioni risale al 2000 - 1500 a.C. nel Caucaso meridionale, area abitata da Calibei e Hittiti. Per concezione, la loro tecnica di produzione rimarrà insuperata fino alla rivoluzione industriale. La tecnica utilizzava cavità nel terreno dove veniva riscaldato il minerale con del carbone di legna, ottenendo un impasto che poi veniva battuto a lungo per liberarlo dalle impurità, fino ad ottenere il metallo utilizzabile.
 
La produzione poi si diffonde ad Oriente, in Mesopotamia, Persia, India che ne affinano la tecniche, mentre ad Occidente l’apprendimento è piu` lento ed articolato. Il mondo greco-latino era saldamente legato all’uso del bronzo.
L’uso del ferro nell’antichità è rivolto soprattutto alla realizzazione di armi e gli Hittiti consideravano per questo il ferro piu’ prezioso dell’oro. I romani avevano tecniche piu’ arretrate nella lavorazione del ferro e quindi lo importavano dall’India (si trattava in realtà di un acciaio serico, fuso al crogiolo). Sono passati diversi secoli prima che l’uso del ferro si sia esteso anche ad oggetti di uso piu’ comune.
Nell’arte statuaria Plinio indica alcune eccezioni, ad es. l’uso del ferro con del rame per dare sfumature rossicce alla statua di bronzo di Atamante a Rodi, realizzata da Aristonida o con funzione simbolica (materiale tenace come Ercole nel sopportare le sue fatiche). Proprio partendo da Plinio, con il suo Historia naturalis, che propone una classificazione delle arti, è possibile definire la storia del materiale. 
La crescita decisiva nell’uso del ferro si ha in seguito, grazie alle popolazioni celtiche e barbare. In particolare, la siderurgia si evolve dall’ epoca Medioevale,  con l’evoluzione dei forni che permettono di raggiungere le temperature piu’ alte necessarie per la fusione del ferro.

Nel mondo della lavorazione del ferro esistono quindi due tappe importanti, due rivoluzioni nella metodologia di produzione:
1) quella della sua affermazione nell’Alto Medioevo, rispetto al mondo greco-romano per forme e applicazioni;
2) quella dove i processi di produzione diventano industriali, all’inizio del XIX secolo.

In Occidente, gli oggetti prodotti tra il ’400 ed il ’700, sono realizzati con la tecnica della forgiatura. Per tradizione, si distinguono il Norico (regione tra Stiria e Carinzia austriache), quasi tutte le regioni francesi e quelle pirenaiche, Germania, Ungheria, Svezia, l’Italia con le miniere dell'Elba, Volterra, Pozzuoli e poi con Milano e Brescia. Lo sviluppo dipende ovviamente anche dalla ricchezza di miniere e legname nel territorio.
Tra il ’300 ed il ’500, Italia e Spagna esprimono un elevato livello di qualità. Dal ’500 il primato passa a Germania e Francia.

Il ferro con cui sono realizzati i battocchi ed altri serramenti, non fa parte di una produzione standardizzata, ma arriva in alcuni casi ad una lavorazione al limite dell’impossibile per la tecnologia dell’epoca, raffinata e legata all’abilità artigianale del fabbro ed ai virtuosismi di cui è capace.
L’attività del fabbro è stata spesso associata all’alchimia ed anche alla magia; se ne ha traccia già nell’Odissea di Omero (Canto IX, vv. 342 sgg.). Ma è la Francia ad essere tra i primi stati in Europa ad avere un sistema corporativo ed i fabbri appartengono alla categoria dei serruriers, realizzatori di manufatti in ferro piu’ complessi ed eleganti: serrature, battocchi, chiavi, ecc.. Nel 1650, Luigi XIV proclama la serrurerie come quarta arte liberale dopo pittura, scultura e musica. In parallelo si sviluppa anche un’attività editoriale sull’argomento con la scrittura di diversi trattati.

Fonte: Diderot e d'Alembert, Enclyclopedie...,1753, pl. XXXVIII, Serrurerie.

Il fabbro utilizza una forgia, l’incudine, i martelli, le tenaglie e piccoli attrezzi di supporto. Deve eseguire operazioni a caldo (servono per modellare e deformare il ferro) e a freddo (operazioni di finitura, con applicazioni di tecniche di decorazione, incisione ed eventualmente di asportazione di materiale). Nel periodo antico, nel Medioevo e nel ’400 prevalgono le tecniche a caldo con acciaiatura, tempera e rinvenimento. La saldatura a caldo avviene con bollitura o brasatura. Dopo il ’500 prevalgono le tecniche a freddo. Tra queste ultime si applica in occidente anche la tecnica dell’agemina (inserimento di sottili strisce di oro o argento nei solchi prodotti nel ferro con il bulino, che poi vengono martellate) mentre in oriente è in uso anche la damaschinatura (applicazione di un reticolo che viene riempito con fili d’oro o di argento e che poi vengono martellati per amalgamarli al ferro). Esclusiva francese delle tecniche a freddo è la prise dans la masse (scultura dal massello). Venivano applicate anche tecniche opportune per intervenire sul colore.

Nel ‘700 progredisce il procedimento di estrazione, produzione e lavorazione del ferro. Si comprende meglio la chimica dei processi con l’introduzione del forno di puddellaggio, dove si rimescola la  ghisa fusa prodotta nell’altoforno per liberarla dal carbonio ed ottenere ferro. Inoltre si comprendono meglio le leghe ferro-carbonio, la ghisa e l’acciaio.
In particolare, nel periodo da metà XVIII ai primi decenni del secolo successivo, la Gran Bretagna diventa un laboratorio di nuove realizzazioni e di sperimentazioni ed il primo ponte in ferro (ghisa) fu costruito nel 1777 sul Severn, su progetto di J. Wilkinson e T.F. Pritchard.
Il grande cambiamento nella produzione avviene dopo l’esposizione di Londra del 1851 che apre alla realizzazione di ferrovie, ponti, mezzi di trasporto, grattacieli e fa diventare il ferro vero e proprio elemento di costruzione.

Nota: Il termine ferro andrebbe riferito all’elemento puro Fe. In realta` nei processi di estrazione del ferro dal minerale si utilizza il carbonio, che non e` mai completamente eliminabile. Quindi in base alla percentuale di carbonio residua si ottiene ghisa o acciai di natura diversa. Per approfondimenti riferirsi alla Sitografia e Bibliografia di seguito.
Bibliografia: 
F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le strutture del quotidiano (secoli XV-XVIII), 2006, Piccola Biblioteca Einaudi, pp. 548.
F. Klemm, Storia della tecnica, trad. it. 1959, Milano: Feltrinelli, pp. 446.
V. Fagone, Arte e tecnica del ferro battuto,1978, in Stella et al., “Artigianato lombardo. L’opera metallurgica”, Milano: Cariplo, pp. 137. 
Ferro Civile, a cura di A. Cesati, F. Cesati, J. Lorenzelli e A. Veca, 1991, Galleria Lorenzelli, Bergamo: Amilcare Pizzi Editore, pp. 242.
H. R. d’Allemagne, Musée Le Secq des Tournelles a Rouen: Ferronerie ancienne, Parigi, 1924, pp. 206. Link: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k6316487c.texteImage






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