lunedì 30 dicembre 2019

#33 LA SINTESI FINALE

Vedere, guardare, osservare. Noi vediamo, qualche volta guardiamo, raramente osserviamo.
Ma osservare è il primo passo per conoscere e capire... Questo blog, nell’ambito del corso di “Storia delle cose”, è stato per me un viaggio di osservazione e di scoperta, un percorso di esplorazione a volte in aree a me poco note, di sorprese, di una visione rinnovata anche delle cose a me più familiari, di conoscenza. Ho imparato ad osservare ciò che mi circonda con più attenzione, mettendo in risalto la mia passione per la fotografia, e ho scoperto che anche oggetti all’apparenza banali hanno un carattere e storie da raccontare....

Sono partito scegliendo un luogo che amo, il Gran Sasso, un massiccio che domina l’Appennino centrale e che impregna e condiziona con la sua presenza e la sua storia la vita ed il carattere di chi come me è nato in questi luoghi. Alcune cose ne raccontano storia e tradizione. Il Gran Sasso è sede di ricerca scientifica, è parco naturale, è paradiso di biodiversità e molti sono i libri che descrivono le molteplici realtà che lo caratterizzano. Come ogni montagna imponente è stato oggetto di miti e leggende ed anche l’evoluzione del nome ha radici profonde e simboliche. Spesso paragonato all’Anatolia ed al Tibet, il Gran Sasso, con i suoi paesaggi lunari ha fornito una suggestiva ambientazione a molti film.

Passo dopo passo si è delineato il percorso successivo del blog. Ogni passo non noto a priori, come in una caccia al tesoro, in cui si cerca il frammento, il tassello, per raggiungere un obiettivo finale non ancora noto...

Dovendo focalizzare la mia ricerca su un oggetto caratteristico del luogo, ho scelto il battocchio perché mi ricorda i borghi alle pendici del Gran Sasso e l’accoglienza della gente locale. E` un’oggetto le cui origini si perdono nel tempo ed è da sempre presente sulle porte delle case nel mondo. Il nome è presente in ogni lingua ed anche in Italia ha molti sinonimi anche nei dialetti locali, con sfumature di significato diverse che fanno cogliere il carattere poliedrico dell’oggetto. Queste si colgono ancora meglio nei proverbi, da sempre frutto della saggezza popolare.
Per studiare a fondo il battocchio, è stato necessario un viaggio nel tempo e nei luoghi di provenienza, per approfondire la sua evoluzione formale e funzionale, ed avere una prima classificazione, ricostruendo una tassonomia tipologica per forma. Particolarmente interessante è stato il percorso nello studio dei materiali con cui è stato realizzato il battocchio nel corso della storia, che mi ha permesso un approfondimento sulla metallurgia, la relativa chimica e le tecniche di lavorazione del ferro. Le parti da cui è costituito il battocchio, la sua anatomia, sono essenziali alla sua funzionalità, ma anche ai suoi attributi artistici/decorativi che lo hanno reso anche un oggetto a forte valore simbolico oltre che scaramantico-magico. Anche se l’evoluzione futura del battocchio è nel campanello e nei sistemi di controllo remoto, oggi il battocchio rappresenta un manufatto da collezione a forte valenza simbolica, che assume quindi il valore di “semioforo”, ovvero di un oggetto portatore di “significato”.

E` stato molto utile, a questo punto, realizzare una mappa concettuale, per inquadrare il percorso svolto e la nuvola dei nomi, per inquadrare i vari ambiti di indagine sul battocchio. Mentre è stata una sorpresa scoprire che il battocchio ispiri il mondo culinario e che il suo tocco sia un famoso ritmo musicale, è stato più evidente ma comunque affascinante, come oggetto di quotidianità del passato e dal valore fortemente simbolico ancora nel presente, trovarlo come fonte di ispirazione e soggetto per molti artisti, di creatività per la realizzazione di brevetti, fumettiopere letterarie, film ed emissioni filateliche. In realtà ho riscoperto che il battocchio era già tra le mie cose di casa e faceva parte della mia quotidianità... ma ora lo considero diversamente, è vivo, dinamico, ...esiste. E` stato divertente pensare a come valorizzare il battocchio immaginandolo protagonista di un progetto museale dedicato ed individuare un personaggio che possa esserne testimonial. Per riassumere i vari ambiti di pertinenza di questo manufatto, l’abbecedario e le azioni (compiute dal battocchio e per suo tramite) hanno completato il mio percorso...

Cosa ho imparato da questo viaggio nella storia delle cose e dal mio blog?
Il non arrendersi al nulla, alla stasi, al grigio uniforme con cui spesso vediamo senza osservare, per questo si viaggia. Non solo banalmente nei luoghi, ma anche nel linguaggio, tra le proprie sensazioni, tra le cose, assorbendone storie ed emozioni per scoprire chi siamo e a cosa veramente aspiriamo. In viaggio si trasforma  il  nostro modo di essere, si diventa, si cresce.
                                                                                                                           
                                                                                                                      Andrea Bari

Fonte: una mia foto del Gran Sasso.




#32 LE AZIONI DELLA COSA /CON LA COSA

Il battocchio suggerisce un'ampio spettro di azioni ... 


Azioni del battocchio:

battere, bussare, colpire, picchiare, martellare, pulsare (latino), to knock (inglese), frapper (francese), 
klopfen (tedesco), bater (portoghese), llamar (spagnolo),  kikeke (hawaiano), 
nokku (ノック,giapponese), qião (, cinese), patoto (maori).

Azioni con il battocchio:

collezionare, adornare, abbellire, decorare, simboleggiare, rappresentare, sorprendere, stupire, suonare, identificare, dissuadere, spaventare, impressionare, respingere, intimorire,  proteggere, avvertire, invitare, accogliere.





#31 L'ABC DELLA COSA

Fonte: ABC


A come Animali, dal valore simbolico-scaramantico, soggetti frequentemente raffigurati in alcuni esemplari di battocchi.


Fonte: Animali.


B come Bronzo, lega rame-stagno, con cui venivano realizzati i battocchi in epoca ellenistica e romana e che sono ancora ammirabili in molti musei.


Fonte: Battocchio ellenico.

C come Collezione. La Collezione Mylius del 1905 è la collezione più famosa di battocchi ed imprescindibile per chi lavora nel settore. Famosa anche la collezione della Galleria Lorenzelli a Bergamo.

D come Dinastia. La Qing  (), ultima dinastia cinese conclusasi nel 1912, a capo dell’impero più vasto del suo tempo, è ricca di manufatti artistici tra cui battocchi.


Fonte: Qing.

E come Enciclopedia. Quella di Diderot e D’Alembert dedica 47 tavole ai piccoli manufatti in ferro, illustrando il percorso dall’estrazione del materiale alla lavorazione in officina. La tavola XXXVIII, ai n. 31 e 32 nella sezione dedicata al ferro, parla di Heurtoirs, ovvero i battocchi.

F come Fucina, dove fabbri hanno forgiato battocchi di elevato valore artistico, rendendoli manufatti da collezione.

Fonte: J. Neagle, "Pat Lyon at the forge", 1825, olio su tela, Museum of fine Arts, Boston.

G come Ghisa, lega ferro-carbonio, importante nella storia della siderurgia, utilizzata per realizzare anche battocchi. 

H come Hittiti, tra i primi ad acquisire esperienza nella lavorazione del ferro.

I come Italia dove tra il ‘300 ed il ‘500 la realizzazione e l’arte nella realizzazione di battocchi raggiunge un elevato livello di qualità e pregio.
 
L come Luigi XIV, che nel 1650 proclama la serrurerie la quarta arte liberale dopo pittura, scultura e musica.

M come Museo. Quello Le Secq des Tournelles di Ruen è particolarmente famoso, grazie ad una raccolta di ferri antichi notevole per arco temporale e per ricchezza di tipologie raccolte.

N come Note. La musicalità del suono del battocchio è famosa.

O come Orecchini, ne esistono alcuni a forma di battocchio (nella foto in oro e diamanti).

Fonte: Orecchini.

P come Piastra. Alcuni battocchi hanno una piastra dietro lo snodo, inchiodata alla porta, spesso di elevato valore artistico.


Fonte: Piastra.

Q come Quadro. Grazie al suo valore simbolico il battocchio è stato oggetto di molte raffigurazioni pittoriche.

R come Ricciolo, elemento decorativo spesso utilizzato per impreziosire i battocchi.

Fonte: Collezione Mylius.

S come Siderurgia, l’insieme delle tecniche utilizzate per la lavorazione del ferro (e delle sue leghe), con il quale sono stati raggiunti virtuosismi unici nella realizzazione di battocchi.

T come Tombola, dove ogni numero estratto ha un significato simbolico, nella smorfia napoletana il battocchio è il n. 27.

U come Ungheria, che ha dedicato ai battocchi una emissione filatelica.

V  come Velázquez. La sua opera “La fucina di Vulcano” del 1630 raffigura i ciclopi come i garzoni di un fabbro. L’opera è conservata al Museo Del Prado di Madrid.
Fonte: "La fucina di Vulcano".


Z come Zurigo, dove nel 1969 fu aperta la prima sede in Europa della casa d’asta Sotheby che tra i manufatti di pregio, spesso espone battocchi.




venerdì 13 dicembre 2019

#30 LA SCIENZA E LA TECNICA DELLA COSA


In  fisica, il battocchio può essere considerato una macchina semplice, una leva del terzo genere, dato che la forza per sollevarlo viene applicata sul corpo e quindi tra il fulcro (lo snodo) ed il punto dove si considera applicata la forza resistente (la testa).

La chimica entra nei materiali di cui può essere costituito il battocchio. In genere è realizzato con una lega metallica come:
  • bronzo (il solvente è rame, il soluto è stagno al 10%). In particolare la percentuale di rame  caratterizza la sfumatura di colore risultante e può essere quindi variata a fini estetici;
  •  ottone (il solvente è rame, il soluto è zinco  < 50%);
  • ghisa, acciaio (il solvente è ferro, il soluto è carbonio). Dato che il ferro puro è solo l’elemento Fe normalmente si parla di acciaio (se la % in peso di C è < 2.11%) o di ghisa (se la % in peso di C è <6.67%); un ulteriore approfondimento in questo blog. 
Lo stagno come tale non esiste in natura, il rame si, in piccolissime pepite, ma certo non nelle quantità necessarie per realizzare i manufatti prodotti ad es. nell’età del bronzo. Probabilmente quindi lo stagno veniva reperito dalla “calcopirite”, un solfuro di rame e ferro (CuFeS2) e lo stagno da un ossido, la “cassiterite” (SnO2). A temperature intorno agli 800 0C si forma un fluido che solidificando diventa bronzo metallico.
Fonte: minerali.

Il ferro più puro attualmente disponibile ha 4 o 5 N (N sta per 9, ad es. 5N  è 99,999 %) ed è  utilizzato in ricerca e laboratorio. La produzione di Fe così puro richiede tecniche di tipo elettrochimico. Per applicazioni più comuni c’è il FeARMCO (Fe al 99,85 %), prodotto inizialmente nel 1909 dalla American Rolling Mill Company.

Nell’antichità si riusciva a produrre ferro più puro, in modo probabilmente inconsapevole, anche prima del 1300 a.C. (inizio età del ferro). Oggetti databili a prima del 2000 a.C. hanno mostrato una composizione in lega di ferro e nichel, con tracce di cobalto, iridio ed altri metalli. Una lega definita con microstruttura “Widmanstätten” (dal nome del chimico scopritore) che caratterizza un “ferro meteoritico”, arrivato a noi dalle meteoriti, che contengono anche dal 4 a più del 16 % di nichel. E` interessante notare come il termine  “siderurgia” derivi dal nome greco del ferro che è “σιδεροσ” (sideros).


Fonte: meteoriti.
Per avere ferro dai minerali naturali si arriva al 1300 a.C., con gli Hittiti (cfr. i materiali in questo blog), poi seguirono gli egiziani. Servivano temperature più alte di quelle necessarie alla produzione del bronzo e quindi si utilizzava un opportuno combustibile come il “carbone di legna” (forse già usato dagli Hittiti) e gli egiziani introdussero l’uso dei mantici. 

Fonte: mantice.

Gli etruschi, esperti nel settore, insegnarono la tecnica ai romani ed in particolare usavano mantici realizzati con pelli di pecora: due mantici a focolare, sistema poi perfezionato con il “mantice a leva”, in particolare nei paesi del nord Europa.

Per comprendere a fondo la chimica dei processi servirà arrivare alla “termochimica metallurgica” (i.e. ad Harold Ellingham ed ai suoi diagrammi del 1944) per capire il ruolo degli ossidi degli elementi chimici e la loro riduzione.

Per le tecniche applicate nella lavorazione del ferro si rimanda all’approfondimento scritto in questo blog. Lo sviluppo tecnologico ha avuto un forte impatto in questo settore. Infatti, per la lavorazione del ferro la procedura è complessa, servono ossidi di Fe, un riducente, il monossido di C (CO) e temperature molto più elevate. Il passaggio dalla ghisa all’acciaio ha rappresentato quindi una grande impresa.

Concettualmente se  il C è il riducente, togliendo ossigeno agli ossidi si ottiene la ghisa; se l’ossigeno viene utilizzato per “bruciare “ il C in eccesso, si trasforma la ghisa in acciaio. Benjamin Huntsman è colui che ha utilizzato gli ossidi di ferro a questo scopo. Il processo Huntsman era piuttosto lungo ed a basso rendimento, ma rimase per qualche decennio l’unico applicato. Si passò al “puddellaggio” (da: to puddle = rimescolare) grazie all’invenzione del forno a riverbero attribuita a Henry Cort (brevetto del 1784). Con il puddellaggio insieme alla ghisa liquida venivano usate scorie e prodotti arrugginiti (ossidati). La reazione con l’ossigeno elimina il  C dalla ghisa con combustione dell’ossido di carbonio CO a diossido di carbonio CO2. Con l’eliminazione del C aumenta la temperatura di fusione, il bagno diventa meno fluido e serve puddellare (rimescolare), per permettere alle reazioni chimiche di avvenire. Il prodotto finale è un acciaio.

L’evoluzione storica successiva con lo sviluppo della siderurgia, è molto affascinante, ma articolata e complessa. Per approfondimenti è interessante ad es. il link ghisa-acciaio.

Bibliografia:  W. Nicodemi e C. Mapelli, Archeometallurgia, 2009, Milano: Ed. AIM.